È l’ora della Brexit

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Mancano ormai poche ore alla Brexit. Dopo un referendum, due elezioni nazionali, tre primi ministri coinvolti e quattro anni di discussioni il Regno Unito si appresta a lasciare l’Unione europea il prossimo 31 gennaio 2020.

Lo farà in una sorta di disinteresse generale dei media (gli argomenti caldi al momento sono altri), non ci saranno fuochi d’artificio o festeggiamenti a Londra, il Big Ben non rintoccherà in segno di festa. Gli inglesi non vogliono più sentire parlare di Brexit e forse il lungo periodo di transizione che ci sarà – perlomeno dal 31 gennaio 2020 al 31 dicembre 2020 (potrebbe essere allungato) – è complice di questo clima che aleggia intorno all’uscita del Regno Unito dall’UE.
Infatti le vere date cruciali potrebbero essere altre due: 30 giugno 2020 e 31 dicembre 2020.

Dal 31 gennaio al 31 dicembre 2020 sarà in vigore un regime transitorio durante il quale Regno Unito e UE dovranno siglare gli accordi commerciali (e altri accordi, ad esempio quelli relativi alla sicurezza).
Durante il regime transitorio i nuovi o gli esistenti Regolamenti europei saranno direttamente applicabili in UK e il governo del Regno Unito dovrà normalmente implementare altri tipi di normative, quali le Direttive. La Corte di Giustizia Europea avrà ancora giurisdizione in Regno Unito.

Cosa succederà dopo il periodo transitorio deve ancora essere stabilito e dipende fondamentalmente dagli accordi commerciali che verranno siglati fra UK e UE, ma non solo, anche gli equilibri internazionali contano. Ad esempio, un rafforzamento degli accordi commerciali fra Stati Uniti e UK potrebbe avere come conseguenza un indebolimento dei rapporti fra UK e UE. Insomma, gli elementi in gioco sono molteplici e vanno dalla politica interna alla politica estera. E poi c’è il fattore tempo: a detta di molti 11 mesi potrebbero non bastare per arrivare a stilare tutti gli accordi e alcuni auspicano ad un’estensione del periodo transitorio. Tale estensione dovrà essere decisa entro il 30 giugno 2020. Tuttavia, stante i risultati ottenuti nelle ultime elezioni politiche in Regno Unito, il primo ministro Boris Johnson non sembra intenzionato a chiedere un’estensione del periodo transitorio.

Lo spettro di una hard-Brexit, ovvero un’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza un accordo commerciale, rimane sullo sfondo dello scenario politico e gli inglesi hanno già preparato i cosiddetti “statutory instruments” per delle leggi nazionali che dovrebbero assomigliare molto ai regolamenti europei (REACH, CLP, PIC, Biocidi, cosmetici…). Tuttavia, tali nuovi atti legislativi nazionali potrebbero aumentare la divergenza regolatoria con l’UE in quanto le nuove leggi, se pur simili ai Regolamenti europei, potrebbero riportare alcune differenze che andrebbero a creare confusione e danni nel mercato. Sembra invece meno probabile che le nuove norme possano andare ad abbassare gli standard di protezione della salute dell’uomo o dell’ambiente già settati dalla legislazione europea.

Un mancato accordo commerciale comporterebbe l’annullamento delle registrazioni REACH e delle autorizzazioni rilasciate ad aziende del Regno Unito, l’impossibilità per tali aziende di accedere ai database di ECHA e ai dati appartenenti ai Forum di scambio di informazioni sulle sostanze dell’UE (SIEF), almeno che tali accordi non vengano negoziati nuovamente.

Se dovesse verificarsi una hard-Brexit nel Regno Unito entrerebbe in vigore UK-REACH, una sorta di “copia” nazionale del Regolamento REACH. Le aziende registranti in UK dovranno fornire delle informazioni base entro 120 giorni dalla data di uscita del Regno Unito dal blocco commerciale UE e dovranno poi fornire informazioni complete (in base alla fascia di tonnellaggio) sulle sostanze prodotte e/o importate entro due anni dalla Brexit.

Entro la fine del periodo di transizione (ad oggi 31 dicembre 2020), le società del Regno Unito che hanno registrato una sostanza ai sensi del Regolamento REACH e desiderano continuare a fare business nel mercato unico europeo devono prepararsi a trasferire le registrazioni a un’entità con sede nell’UE o a un rappresentante esclusivo (OR). A oggi solo poco più della metà dei dossier di registrazione del Regno Unito sono stati trasferiti in Europa.

Dopo la fine del periodo transitorio le aziende con sede nell’UE che hanno acquistato una sostanza da una società con sede nel Regno Unito, potranno scegliere di registrare la sostanza come importatore se l’azienda britannica non ha trasferito la registrazione a un OR.

Sempre dopo la fine del periodo transitorio le autorizzazioni REACH concesse alle aziende con sede nel Regno Unito saranno annullate. Tali aziende potranno trasferire la loro domanda o autorizzazione a un OR nell’UE. Le aziende con sede nell’UE che utilizzano sostanze che si basano su tali autorizzazioni UK dovranno identificare i fornitori con autorizzazioni valide nell’UE o richiedere loro stesse nuove autorizzazioni.

La situazione è ancora in evoluzione ed è bene seguire l’argomento con attenzione per non farsi trovare impreparati. Si spera che UK e UE possano trovare accordi commerciali tali da non provocare un ulteriore onere alle aziende e non rendere vano tutto il lavoro (e i soldi spesi) eseguito sulle sostanze chimiche in questi anni.

31 gennaio 2020, una data storica per l’Europa e per il Regno Unito.

Approfondimenti:

Pavia, 30 gennaio 2020.

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